Ringrazio il Presidente di Legambiente per l'invito e l'organizzazione di
questo convegno. Innanzitutto formulo anch'io gli auguri di buon compleanno,
visto che ricorre il ventesimo anniversario dell'associazione, nonché un forte
apprezzamento per l'attività che questa associazione ha realizzato nel corso degli
anni in favore della città e della protezione del suo ambiente. Oggi siamo qui a
parlare delle mura. Come è noto Verona è stata dichiarata patrimonio dell'umanità
e una parte significativa, forse, di questo riconoscimento dipende anche dalla
straordinaria caratteristica di una passata funzione militare, che Verona ha messo
insieme nei secoli. Si parla di un complesso di fortificazioni forse unico in Europa,
accomunato come tante gigantesche opere difensive, da un comune destino di non
essere mai utilizzate come tali. Infatti l'investimento, rispetto al risultato, è stato
talmente grosso – ne parlavo poco fa con l'architetto Bozzetto – da scoraggiare
persino l'idea di provarne l'efficacia come effettivo strumento difensivo militare.
Quindi, sostanzialmente, la città ha ereditato un patrimonio architettonico e di
verde assolutamente straordinario.
Per certi versi se le mura non hanno protetto o, meglio, non hanno avuto la
necessità di proteggere operativamente dagli eserciti nemici, probabilmente, in
compenso, molto del verde che oggi abbiamo in città dipende in maniera
determinante della presenza delle mura.
Da un certo punto di vista anche la stessa spianà che oggi è considerata come un
possibile futuro polmone verde della città – non casualmente
si chiama spianà per il fatto di essere a suo tempo stata "spianata" - è, in
qualche modo, legato alla presenza delle mura. Le mura hanno, quindi, consegnato
alla città un patrimonio non solo architettonico, ma anche di verde, che dovrà
sicuramente essere migliorato, valorizzato, a cui vanno date delle funzioni precise,
perché costituisce un legame, come dire, con la storia della città,
condizionandola nel bene e nel male. Ricordavo tempo fa come per molti anni
Verona sud sia stata inutilizzata proprio per vincoli di carattere di carattere militare e
la cosa che più mi ha colpito è stato leggere la storia di un imprenditore veronese, il
primo che realizzò un opificio al di là delle mura, e che dovette sottoscrivere un
impegnativa con le autorità militare in cui si obbligava, in caso di eventi
bellici annunciati, entro quarantotto ore a radere al suolo tutto. Quest'imprenditore
fece una scommessa perché pensò che quell'epoca era finita e da un certo punto
di vista la sua intuizione si rivelò giusta. Le distruzioni ricordate prima dal
Presidente di Legambiente sono il frutto di un'epoca in cui le priorità, per così
dire, viabilistiche erano in qualche modo predominanti rispetto a qualsiasi altra
necessità; questa è la storia, ad esempio, della dismissione del forte Tomba tagliato a
metà, quando probabilmente altre soluzioni erano possibili risolvendo
contemporaneamente sia il problema del traffico sia quello della manutenzione e del
mantenimento dell'immobile.
Cosa dire ora sul futuro? Io vedo per il futuro, innanzitutto, la necessità della città di
reclamare, nei confronti dello Stato, o il ritorno di una medaglia o il ritorno delle
mura, mi spiego: nel 1998 il Parlamento della Repubblica approvò una legge, su
iniziativa di parlamentari di allora e su pressioni dell'Amministrazione comunale,
in cui dichiarava sostanzialmente la cessione delle mura alla città, quella legge la
salutammo con grande entusiasmo tutti, in quanto è importante considerare non solo
la proprietà in senso stretto e, quindi, il possesso che ne deriva, ma ancora di più la
relativa legittimità ad intervenire. Entusiasti di questo invitammo a Verona l'allora
Sottosegretario alle Finanze e nell'ufficialità della Sala Arazzi gli consegnammo la
medaglia della città come riconoscimento della restituzione delle mura a Verona.
Dopo ci fu il ricorso dell'Avvocatura di Stato che sollevò la questione della cessione
delle mura a titolo oneroso. Ora si tratta di, come dire, cercare di recuperare quel
periodo, perché diciamolo pure banalmente se la ratio della legge era di consentire al
Comune di poter acquistare un bene dello Stato non c'era bisogno della legge, perché
le operazioni di acquisizione a titolo oneroso sono sempre possibili.
Tra l'altro l'operazione riguardante le mura di Verona non era la sola perché vi
erano anche altre città che avevano lo stesso problema.
Le iniziative legislative oggi sul tappeto che sostanzialmente si limitano ad
aggiungere l'espressione "a titolo non oneroso" sono due disegni di legge
presentati, uno alla Camera da parte dell'on. Fratta Pasini ed uno al Senato da parte
del senatore Viviani.
L'Amministrazione ha preso recentemente l'iniziativa con il collega Poli ed il
Sindaco, i quali hanno invitato tutti i parlamentari veronesi a un incontro per cercare
di accelerare i tempi di definizione di questa legge, in modo da inserirla nel contesto
più generale dei rapporti patrimoniali fra Verona e lo Stato, quindi speriamo che
sia così possibile risolvere questo tipo di problematica.
Per quanto riguarda le funzioni posso dire che quando questa Amministrazione si è
insediata ha trovato uno strumento urbanistico, ovvero il documento Mancuso, pronto
per essere portato in discussione in Consiglio. Era un piano regolatore completo che,
peraltro, non ha mai visto la luce. Attualmente il lavoro di revisione di quello
strumento è ormai in stato molto avanzato e tante parti di quel documento sono di
grande validità e di grande attualità. Dicevo proprio alcuni giorni fa all'architetto
Bozzetto che una delle parti del vecchio documento Mancuso assolutamente da
salvare è tutta quella parte, tra l'altro curata dallo stesso Bozzetto, che parla della
cinta muraria, delle possibilità di riutilizzo individuando funzioni possibili che non
sempre sono univoche perché il complesso fortificato di Verona è molto ampio,
perché oltre alle mura ci sono i forti, il campo trincerato e tutta la zona della collina
che divide la Valpantena dalla Valsquaranto. Per quanto riguarda la parte delle mura
della cinta magistrale, che fissano il perimetro della città dichiarata patrimonio
mondiale da parte dell'Unesco, chiaramente la vocazione di queste zone è quella di
andare a costituire un futuro parco urbano in una città che in qualche misura è
talmente bella da essere sé stessa un parco. Per questo a me è sempre
piaciuta molto l'espressione di chi ama dire che il centro storico di Verona è uno dei
pochi musei a cielo aperto che ci sono. Quindi quando si domanda che cosa è
possibile fare c'è una cosa molto facile ovvero usare molto il pennarello verde nella
cartografia del piano e indicare come verde tutta l'area di pertinenza delle mura, cosa
che può essere anche banale ma è bene fare, perché riaffiora ciclicamente il tema dei
parcheggi nei valli delle mura; mi rendo conto che questo è molto limitativo perché
dà un'indicazione generica che poi deve essere tradotta in pratica, a questo proposito
io ho alcune opinioni al riguardo.
La prima è che, per un complessivo progetto di recupero e di restauro delle
mura, come già altre città hanno fatto, le possibilità importanti sono soprattutto quelle
di essere inseriti in progetti di dimensione europea, possibilmente interessanti più
Paesi della Comunità Europea, per cercare di trovare delle risorse che consentano di
affrontare il contrasto del degrado della opera architettonica.
Il secondo convincimento sta nella socializzazione di questo progetto che è
condizione per il suo decollo, perché si può anche arrivare ad un recupero più ampio
possibile delle aree di pertinenza delle cinte murarie, ma senza un coinvolgimento
sociale, aggravato dal fatto che la comunità locale debba farsi carico in parte della
gestione delle stesse, rischieremmo di creare un mostro. La gestione delle mura deve
diventare un problema che la città sente nelle sue strutture associative, scolastiche.
Interventi anche preziosi che sono stati fatti su porzioni di mura, sono interventi che
richiedono manutenzione che non sono finiti il giorno dopo a quello di bonifica
dell'area. Il problema della bonifica è importante, ma oltre a questo dovremo pensare
anche al problema del mantenimento e, quindi, ad una sorta di adozione di parti della
cinta muraria da parte della città.
L'altra questione che mi preme rilevare, anche se più di competenza della mia collega
Tamellini, in veste di architetto e responsabile dell'arredo urbano, è che queste opere,
che non erano state pensate con ben altre finalità, oggi sono una grandissima
occasione per la città. E' anche vero che se noi adottassimo un progetto
eccessivamente mastodontico per essere realizzato rischieremmo di fallire, per cui
dobbiamo fare un progetto di massima, globale, anche per poter accedere agli
eventuali finanziamenti, ma poi dobbiamo pensare ad una serie di stralci su cui
incominciare ad intervenire. Tra l'altro noi abbiamo una grossa occasione che è data
dalla recente decisione dell'Amministrazione comunale con la approvazione della
tramvia di superficie, perché abbiamo sempre detto che la tramvia non è solo un fatto
trasportistico, ma è anche un fatto sociale ed un fatto di riqualificazione del tessuto
urbano che viene attraversato dalla tramvia. La prima linea che dovrebbe partire già
entro quest'anno incontrerà le mura in due punti importanti ovvero Porta Vescovo
che, per inciso, è una delle zone più degradate della cinta muraria, ed il varco di via
Città di Nimes, dove sulla destra e sulla sinistra c'è una possibile ed importante
operazione di recupero urbano delle mura. Allora la tranvia diviene un fatto
importante se attraversando la città diventa una occasione di ripensamento e
di recupero dei quartieri che attraversa, per cui ogni tanto amo dire che
probabilmente tanti quartieri che oggi si ipotizzano attraversati dalla tramvia e contro
la quale vengono raccolte delle firme potranno scoprire, una volta che questa sia
realizzata, come hanno fatto i commercianti di via Roma, che in realtà
l'Amministrazione comunale aveva visto un po' più in là. Porto l'esempio di via
Roma, perché quando la chiudemmo al traffico ci fu una rivolta vera e propria di tutti
gli operatori commerciali lungo la via, mentre oggi, ad esempio, le valutazioni
immobiliari, per essere molto poco prosaici, di questa via pedonalizzata sono
eccezionalmente più alte di quelle precedenti. La tramvia, quindi, sostanzialmente
può essere un'occasione per realizzare due progetti importanti e significativi in due
luoghi altrettanto importanti e significativi della cinta muraria. Ecco queste mi
sembrano le cose fondamentali delle questioni che mi sono state chieste ovvero cosa
si intende fare del piano regolatore, quali sono le idee generali che affrontiamo in
questo momento. Su un documento che mi è stato dato all'inizio ( vedi Nota per il
nuovo Sindaco) e che ritengo largamente condivisibile, c'è un passaggio iniziale in
cui si dice che "il Re Sole conosceva benissimo i giardini della sua reggia e amava
mostrargli a suoi ospiti in visite guidate per le quali aveva fatto redigere un
documento. Non si chiede tanto al nuovo Sindaco, ma auspichiamo che, almeno per
quanto riguarda la conoscenza, sia altrettanto informato sull'importanza del futuro
parco delle mura di Verona e sui problemi che ne ostacolano la realizzazione. Per
quanto monarca assoluto anche il Re Sole, ne siamo certi, ascoltava le opinioni dei
suoi giardinieri".
Il nostro Sindaco non è un monarca assoluto, perché la Costituzione pone severi
limiti, giustamente, anche alle autorità locali, ma vi posso assicurare che è nelle sue
preoccupazioni ed in quelle della Giunta il portare avanti questo progetto sapendo che
esso è un progetto assolutamente strategico per la città; non solamente, come dire,
un'operazione di restyling, anche doverosa, ma una rilettura della città che dia
effettivamente la misura della valorizzazione di un modo diverso di vivere la città
stessa. E' con questi intendimenti l'Amministrazione si approccia all'appuntamento
del rinnovo del piano regolatore cercando ove possibile di recuperare questo
concetto. Chiudo con un tentativo che stiamo facendo in questi giorni:
l'Amministrazione e la Fondazione, la quale ospita questo convegno e che
ringraziamo in eterno perché senza i soldi della Fondazione riusciremmo a fare
abbastanza poco, stanno predisponendo un intervento molto significativo nella zona
degli ex Magazzini Generali dove è prevista la nascita di un polo culturale di grande
prestigio ed importanza e che un'occasione per vedere in modo diverso tutto quello
che c'è a sud della città. Purtroppo noi abbiamo un problema con la Sovrintendenza,
perché rispetto ad un'ipotesi progettuale abbastanza articolata ci scontriamo con un
vincolo della stessa che vieta l'abbattimento del muro di cinta dei Magazzini
Generali. Se le mura viscontee, veneziane hanno un indubbio valore storico, io non
riesco a cogliere l'aspetto artistico di quel manufatto. Abbiamo fatto una proposta
alla Sovrintendenza, che formalizzeremo anche per iscritto, consistente,
sostanzialmente, nella richiesta di abbattimento del muro di recinzione dei Magazzini
che ci crea grossi problemi di spazialità, di visibilità, in cambio di un lavoro tendente
a riportare in vista il forte austriaco che c'è lì e che era in corrispondenza
dell'ingresso dei Magazzini Generali, di fronte alla Porta Nuova. Tale operazione
potrebbe, per conto mio, largamente compensare anche l'abbattimento di un muro
costruito negli anni Cinquanta e si inserirebbe, fra l'altro, nel tentativo più
complessivo di valorizzare, di dare un senso ed una leggibilità al sistema fortificato
della nostra città.
|